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Piante grasse a sopravvivenza estrema.

Hanno spesso forme curiose e stravaganti e per questo con un fascino intrigante. Siamo soliti chiamarle impropriamente piante grasse ma botanicamente sarebbe più corretto definirle piante succulente. Hanno colonizzato l’intero pianeta con una cinquantina di famiglie e oltre 10.000 specie. Infatti, ad eccezione dei circoli polari, sono presenti in tutti i continenti, concentrandosi nelle fasce sub-tropicali fra i 20° e i 40° di latitudine Nord e Sud. I loro luoghi di origine sono le regioni aride dell’America: Arizona, California e Altopiani Messicani ma anche vaste aree di Ande e Perù. Tutte queste regioni hanno una piovosità annua simile alla nostra, ma la differenza sostanziale sta nella distribuzione nell’arco dell’intero anno. Infatti, le precipitazioni di queste aree sono rare ma molto intense ed il suolo normalmente sassoso è inadatto a trattenere un quantitativo elevato d’acqua.

Un fattore che le accomuna è la loro capacità di adattamento con i più efficaci espedienti.

  •          Assorbono e immagazzinano rapidamente l’umidità nel loro tessuto spugnoso (chiamato parenchima acquifero) composto di cellule capaci di assorbire l’acqua aumentando il proprio volume fino al 100% in più. Accade per le Cactacee e Euphorbiacee (assorbono l’acqua nel fusto), le Agavacee e Crassulacee (immagazzinamento nelle foglie) e Euforbiacee e Mammilarie (nelle radici). I solchi, più o meno profondi di molte specie che sembrano dividere verticalmente in spicchi la pianta, permettono di gonfiarsi velocemente d’acqua senza spaccarsi (come una fisarmonica). Nei rari momenti in natura in cui c’è acqua disponibile queste piante sanno che devono bere tanto e in poco tempo.
  •          Le foglie nelle normali piante rappresentano la principale via di traspirazione. Le piante grasse invece per contrastare al massimo la disidratazione, nel corso della loro evoluzione, hanno ridotto al minimo il numero e la dimensione degli stomi, i responsabili degli scambi pianta-ambiente esterno. Questi rimangono chiusi nelle ore più calde del giorno per ridurre le perdite d’acqua e si riaprono solo di notte quando l’aria è più fresca e umida. Molte specie, inoltre, hanno assunto forme sferiche o cilindriche per ridurre al minimo la superficie.
  •          Anche i tessuti esterni delle piante succulente si sono adattati. La maggior parte delle specie sono ricoperte da un’epidermide spessa e carnosa e in alcuni casi rivestita di fitte pelurie. Proprio queste pelurie creano un cuscinetto d’aria che le ripara dagli sbalzi termici e dalle alte/basse temperature. Inoltre, riescono ad ombreggiare la pianta respingendo la luce intensa e quindi la traspirazione.
  •          La caratteristica che subito ci ricorda le piante grasse sono le spine. Chi non ha in mente i grandi cactus dei western americani! I cactus hanno trasformato le loro foglie in spine. Non solo per difendere il fusto ricco d’acqua dai predatori, ma soprattutto per ridurre al massimo la traspirazione. Le spine, inoltre, hanno anche la funzione di schermare i raggi del sole aiutando a mantenere fresca la pianta. Casi emblematici sono le Cactacee, i Gymnocalycium e le Agavi.
  •          Per difendersi dai predatori alcune piante grasse presentano una linfa irritante o tossica per gli animali. E’ il caso dei molte piante della famiglia delle Euforbie.
  •          Curioso ed insolito è anche il destino dei fiori. Per ridurre al minimo il dispendio di energie, i fiori appassiscono subito dopo la fioritura. In alcune specie di Agave e Sempervivum la fioritura e la formazione di semi coincidono anche con la morte della pianta.
  •          I frutti sono spesso commestibili per gli animali. Questo aumenta notevolmente la possibilità che vengano mangiati dagli uccelli e mammiferi e che quindi, una volta digeriti e espulsi con le feci, vengano diffusi in territori anche lontani. In molte specie della famiglia delle Euphorbiacee il frutto è racchiuso in una capsula a tre logge (cocchi), ognuno delle quali contiene un seme oleoso che a maturità esplode sonoramente e catapultano i semi a più di un metro di distanza (deiscenza elastica).
  •          Infine, anche i semi rappresentano un vero record di sopravvivenza. Possono infatti mantenere la loro capacità di germinazione per moltissimi anni, anche decenni e perfino secoli per alcune specie. Questo permette ai semi di germinare anche in quegli ambienti ostili dove acqua o temperatura opportuna si manifestano raramente.
  •          Le piante grasse sono più resistenti al freddo di quanto comunemente si pensi. Molte specie possono essere coltivate in piena terra anche nel Nord Italia. Alcune anche senza protezione, ma la maggior parte con un’adeguata protezione come del tessuto non tessuto. Alcune specie come quelle della famiglia delle Opuntie negli ambienti originari vivono negli altipiani del Messico e in inverno resistono senza seri danni fino a -25/-30°C. La maggior parte delle specie invece beneficia di un calo delle temperature in inverno in ambienti fra i 5 e 10°C, con minime intorno allo zero. Per i più curiosi ecco alcune specie campioni di resistenza al freddo:

Echinocactus glaucus: -25°C

Agave havardiana: -23°C

Agave utahensis: -23°C

Dasylyrion texanum: -23°C

Echinocereus caespitosus: -20°C

Echinocereus viridiflorus: -23°C

Escobaria missouriensis: -23°C

Escobaria vivipara: -23°C

Gymnocalycium bruchii: -23°C

Opuntia compressa: -25°C

Opuntia humifusa: -25°C

Opuntia fragilis: -25°C

Opuntia macrorhiza: -32°C

 Conclusioni

Abbiamo visto le condizioni estreme a cui si possono adattare e resistere le piante grasse o succulente. Spiegato dunque il mistero del perché sono facili da coltivare. Foglie, fiori, semi e frutti si sono adattati nel corso dei millenni a resistere ai più disparati habitat e condizioni climatiche. Vi auguriamo dunque che possiate apprezzare la bellezza di queste piante senza metterle in pericolo più di quanto gli ambienti estremi abbiano fatto.

Tag: Succulente
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